
Semiotica Neogenerativa / Fondamenti
[Parte 1/3]: La forma del senso
Dal picco al blob: come nasce (e si deforma) il significato nel tempo e nel contesto
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La forma del senso
Capire e progettare la “forma” del senso tra segno, contesto e tempo, quando il significato smette di "obbedire".
Per molto tempo ho sempre pensato al significato come un punto fermo, preciso, quasi definito e inequivocabile. Col tempo ho imparato che non è così e ho capito che il significato... è qualcosa di molto fluido, che a volte sì prende la forma del suo contenitore, ma spesso, invece, è difficile da domare e da tenere fermo dove vogliamo che stia.
Immagina di dire la parola “autentico”. Sembra semplice, no? Ma dipende da chi la dice, quando, dove e in che tono. In bocca a un cuoco calabrese, "autentico" significa tradizione, nonna, olio buono. In bocca a un influencer di TikTok, potrebbe significare: "non uso filtri, guarda quanto sono vera". In un claim pubblicitario, se non fai attenzione, suona come fuffa: “autentico come il sapore di una volta” (che di solito sa di marketing prefabbricato). Ecco, è qui che entra in scena la Gaussiana Semantica. Sembra un concetto banale, e forse lo è... ma quando si comprende che una parola non “vale” una cosa sola, ma è un campo di possibilità che si concentra attorno a un nucleo condiviso e sfuma verso letture laterali... allora il gioco diventa interessante davvero.
Questa è l’intuizione operativa della Gaussiana di significato: un picco centrale (l’interpretazione prevalente) con code laterali (le interpretazioni minoritarie, sfumate, talvolta ironiche o persino ambigue). In più c'è anche il tempo, una variabile mica da ridere in certi contesti... soprattutto oggi, quando parliamo di velocità evolutive in continua accelerazione. Parliamo sì di una gaussiana, ma con una forma un po' atipica: non proprio simmetrica come le gaussiane perfette. E in più cambia nel tempo, si deforma, si adatta, si piega sotto il peso degli eventi e dei contesti. E se fai branding, se devi inventare un claim, o anche solo se scrivi un post e fai finta di niente... allora quella gaussiana, stanne certo: prima o poi ti si torcerà contro. Perché un giorno il tuo “autentico” significa fiducia. Il giorno dopo, significa finto.
E sai dove sta il problema? Che spesso ci fermiamo all’idea della curva. Una bella gaussiana simmetrica, ordinata, da manuale. Ma il nostro lavoro non vive su un foglio di carta. Vive nella realtà, dove c’è sempre almeno un’altra variabile da considerare. O meglio: tre.
Glossario essenziale
- Gaussiana di significato: curva con picco centrale e code interpretative.
- Nuvola Semiotica Gaussiana: la distribuzione multidimensionale che evolve nel tempo.
- Precipitazione: l’area in cui, dato un contesto, le letture si concentrano.
- Blur/Parallax/ThroughView Semiosis: tecniche per gestire sfocatura, prospettive e strati di senso.
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Dalla curva alla nuvola: il significato prende volume
Quando parlo di significato, non posso più ragionare su un asse solo. Non è un esercizio scolastico, non c’è un x e un y e via. Il senso si costruisce — e si deforma — su almeno tre assi principali:
- il segno/veicolo (quello che usiamo per comunicare: parola, immagine, suono)
- il contesto/interlocutore (dove il segno si muove, chi lo legge, guarda, ascolta e con quali aspettative)
- il messaggio/interpretazione (quello che pensi di dire e quello che arriva)
Ma non finisce qui…. perché c'è anche lui: il tempo. La variabile che a volte cambia tutto anche quando pensavi di aver sistemato ogni pezzettino del discorso fino alle virgole.
In una visione a più dimensioni, e multimodale, il risultato è che quella curva iniziale si trasforma in una specie di nuvola viva, tridimensionale, che si muove e cambia forma, continuamente. Io la chiamo Nuvola Semiotica Gaussiana.
Dentro ci sono tutti i significati possibili, le sfumature, le ambiguità, le derive, le sorprese. Vista da fuori sembra il caos, bella da vedere... ma quando c'è da trovare la quadra, un vero inferno. In realtà, se si guarda con attenzione, emerge però un fatto straordinario. Non è proprio caos. Ci sono delle regole, c'è una certa causalità, c'è determinismo, c'è una certa probabilità strutturata. È infatti in questa nuvola che il significato “precipita”, quando entra in contatto con un contesto reale. Solo allora si "localizza" e diventa leggibile, efficace… oppure pericoloso. Ecco perché mi sono interessato a questa "forma", perché se riesco a leggerla, riesco anche a progettarla. Forse. E se riesco a progettarla, riesco a governare quello che accade quando un segno entra in circolo. Non sempre perfettamente, non sempre prevedibilmente… ma con più lucidità. E, credimi, fa tutta la differenza del mondo.
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Vedere la forma: dalla “campana” al “blob dinamico”
Quando pensi di aver afferrato il concetto e lo visualizzi come un significato che segua una bella curva a campana, una distribuzione regolare con un picco e due code ordinate, ecco la sorpresa... perché non funziona quasi mai così.
Ma partiamo dall'inizio. Una parola, quando è isolata — cioè presa fuori dal contesto, considerata nella sua natura di segno puro, astratto, scollegato da chi parla, da chi ascolta e da dove si trovano entrambi — è spesso multimodale, cioè presenta più picchi di significato possibili. Ha letture alternative incorporate già nel suo codice.
Prendi "trasparente": può significare chiaro, onesto, leggibile, ma anche fragile, esposto, vulnerabile.
E che dire di "nativo"? Nativo digitale, nativo biologico, nativo di un territorio... ognuno apre un universo diverso.
Poi ci sono parole ancora più comuni, ma tutt'altro che innocue: "Furbo" può voler dire sveglio e scaltro, oppure subdolo e opportunista.
"Pratico" può significare efficiente e concreto, ma anche sbrigativo o superficiale.
"Potente" può evocare forza e autorevolezza, o al contrario sopraffazione e abuso.
E che dire di parole come "grande", "veloce", "sicuro", "perfetto"? Sembrano semplici, ma appena chiedi: "rispetto a cosa? ", la curva esplode. "Grande" rispetto a chi? A cosa? A ieri? A un concorrente? Sono tutti esempi di significati relativi, che senza un riferimento preciso diventano mine semantiche. Sono parole che, da sole, portano più di un significato. E spesso sono proprio quelle che scegliamo per costruire un'identità, un messaggio, una promessa.
È quando la immergi in un contesto concreto — un'immagine, un settore, un'interfaccia, una voce narrante — che accade qualcosa: la multimodalità collassa. Non sparisce, attenzione, ma si concentra su uno o due significati prevalenti, mentre gli altri si assopiscono. Ci sono, ma stanno lì nascosti e pronti a saltare fuori appena cambia "qualcosa". È il drift semantico: quando un significato che era periferico diventa centrale, o viceversa.
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Dentro la Nuvola Semantica
All'interno della Nuvola Semantica, la precipitazione in effetti crea una "bolla" di senso che tuttavia non è proprio una sfera perfetta, tonda e simmetrica. È più un blob, una massa più o meno molle che si deforma nel tempo.
Alcune zone si assottigliano, altre si espandono. Ci sono crateri, rilievi, strati. E poi ci sono i buchi neri: eventi storici, parole virali, shock emotivi. Veri e propri attrattori semantici che piegano lo spazio e fanno migrare il significato.
Facciamo degli esempi.
Parole come propaganda, che un tempo aveva un'accezione neutra o addirittura positiva (pensiamo alla “Sacra Congregazione de Propaganda Fide”), oggi portano con sé un alone negativo, manipolatorio.
Oppure ideologia: in passato segno di visione strutturata, oggi spesso sinonimo di rigidità o fanatismo.
Anche parole come virale, prima legate alla malattia, poi diventate simbolo del successo sui social, e ora tornata ambigua dopo il Covid.
O ancora: sostenibile, che da nobile è diventata spesso sospetta, consumata dall'abuso pubblicitario.
Ma il drift semantico non arriva solo dal tempo: a volte basta cambiare luogo, cultura o settore. La parola potente, detta in una palestra, è un complimento. In una relazione sentimentale, può suonare minacciosa. Leggero nella moda è un plus; in un piano strategico, è un problema. Il drift e la precipitazione non dipendono solo da cosa dici, ma da dove e a chi lo dici. E in quel blob che chiamo Nuvola Semantica, ogni variazione lascia un’ondulazione. Alcune spariscono. Altre restano. E cambiano tutto. E spesso si tratta di cambiamenti imprevedibili: anomalie nell'evoluzione storica, eventi straordinari, esplosioni improvvise di trend. Altre volte, invece, sono lì in attesa, come trappole semantiche nascoste pronte a scattare appena ci metti il piede sopra. Parole caricate, dormienti, che sembrano innocue finché il contesto non le riattiva. E quando succede, non c'è via di scampo: il significato è già migrato altrove.
Forme e formule minime (ma utili)
- Caso semplice (un solo picco): distribuzione normale multivariata → visualmente: isosuperfici ellissoidi
- Caso reale (multi-picco): mixture di gaussiane → il nostro blob dinamico
- Operativamente: non pensiamo in termini di definizioni assolute, ma di P(lettura | contesto, tempo) — probabilità condizionata.
Più che definire una parola, si tratta di governare il campo delle sue interpretazioni possibili, in base a dove, come e quando verrà letta. Non una campana, ma un blob. Non fisso, ma deformabile. E se riesci a vedere la forma, puoi anche decidere dove indirizzare la precipitazione.
Conclusione
Chiudo qui una mia prima cornice concettuale: dalla campana al blob, dal picco alle code. Nel prossimo passaggio si scende in officina: come far precipitare il senso dove serve, con scelte operative chiare. Sto cercando un modo semplice di mettere a fuoco il paradigma, un pezzettino alla volta, una curva alla volta.