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Dall'ideazione alla sua realizzazione

Design e comunicazione sono concetti inseparabili. Ogni scelta - forma, funzione, ergonomia - genera un linguaggio indissolubile dal brand.


Perché questo linguaggio sia coerente e davvero incisivo servono metodo nell'analisi del contesto e nella definizione degli obiettivi; esperienza per comprendere mercati e culture diverse; know‑how multidisciplinare che consente di sviluppare con coerenza branding, web e strategie di marketing integrate.


Da oltre 20 anni metto in campo tali asset per trasformare intuizioni e idee in solide corporate identity, capaci di rappresentare e veicolare l'immagine aziendale nel mondo.


Domenico Amodeo


Pronto a far brillare
il tuo brand?

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Published
10 May 2025

Dal Surrealismo a ChatGPT: Quando l'AI incontra il Branding

Come l'intelligenza artificiale sta rivoluzionando la creatività dei brand


La contaminazione tra arte surrealista e intelligenza artificiale rappresenta una svolta nella comunicazione visiva contemporanea. Scopri come il branding può beneficiare della fusione tra creatività umana e potenziale generativo dell'AI.

Durante la pandemia, quando il lavoro si è fermato, almeno il mio, ho costruito un piccolo laboratorio: Semiosis Creativity. Ci ho messo l’anima. Non cercavo “effetti speciali”, ma un modo per esplorare e capire come i segni possano "parlare" prima delle parole. È lì che ho toccato con mano il surrealismo: incongruità controllate che non confondono, ma aprono varchi di senso. Quell’esperienza oggi la porto nel branding. E in particolare, con l’AI generativa non cerco l’immagine che stupisce, ma cerco il punto di tensione memorabile — e ci arrivo iterando, selezionando, togliendo. Il resto è decoro.

Il mio "ingresso" nel surrealismo quindi non è accademico: è Semiosis Creativity, (https://semiosiscreativity.art) dove immagini coesistono con elementi “impossibili” per generare senso, e non solo stupore. Digital art affiancata a teorie, storie, video, punti di vista, estensioni dello stesso concetto.

Ma, ad un certo punto del percorso mi sono accorto che stranamente lo stesso meccanismo funziona anche nel branding, i principi sono gli stessi. Infatti, quando governi anche li gli elementi fondamentali della comunicazione, tra aspettativa e sorpresa, tra segno e significato, il brand diventa veicolo di significato e memoria. Ed è proprio qui che l’AI torna utile: non tanto per sostituire l’idea o il concetto, ma per iterare rapidamente varianti, trovare punti di tensione giusti, sperimentare nuove vie espressive.

In questo articolo cerco di illustrare come ho tradotto la mia pratica di Semiosis Creativity in tre principi utili al lavoro sui brand.

Ma partiamo dall'inizio. Il surrealismo nasce per scardinare l’abitudine: immagini che spostano oggetti e significati fuori dal loro posto naturale, costringendoci a guardare due volte. Oggi, la stessa dinamica vive nei feed, un po' ovunque: in un flusso infinito di contenuti, ciò che rompe gentilmente le regole riesce a catturare l’attenzione. L’AI generativa rende questa leva più accessibile con un ruolo operativo molto importante: produce varianti, accosta elementi, suggerisce metafore visive e testuali.

 

Cosa ho imparato con il progetto Creativity Semiosis (il mio personale surrealismo)

  • Incongruità a tasso controllato.
    L’effetto “sogno” funziona solo se agganciato a un asse semantico chiaro (promessa, categoria, rituale d’uso). Senza asse = effetto speciale, non identità.

  • Vincoli espliciti → libertà utile.
    Prima i binari (lessico visivo, palette, griglia, tabù), poi la libertà creativa. Il paradosso è che i vincoli amplificano l’originalità utile.

  • Curare > generare.
    Con l’AI produco molte varianti; il valore nasce nella cura: selezione, composizione, sottrazione, ritmo. È lì che la marca prende voce.

 

Perché il surrealismo parla ai brand oggi

Nella comunicazione, la sorpresa funziona quando serve un messaggio chiaro. Il “surreale” non è un trucco estetico: è un meccanismo di estraniamento che può rendere memorabile una promessa. Un oggetto fuori contesto, una scena impossibile, una metafora visiva forte: se tutto ciò ancora il significato (prodotto/valore/beneficio), l’utente si ferma, capisce e ricorda. Se invece resta un esercizio di stile, scivola via.

 

The tightrope walker.
Una figura in equilibrio precario tra due mondi: mi ha insegnato che la tensione è un asset — nel brand la costruisci bilanciando segni stabili e un elemento spiazzante (uno solo) che accende la memoria.

https://semiosiscreativity.art/blog/27-the-tightrope-walker

 

The Rat Queen.
Una micro‑storia morale in immagini: ottimo promemoria che la narrazione è più forte dell’effetto shock. Nel brand, l’AI può generare il “wow”; il senso lo dà il racconto (sequenza, nesso, esito).

https://semiosiscreativity.art/blog/74-007

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In Semiosis ho capito che il surrealismo non è una cornice estetica: è un modo per creare scarti significativi. Con l’AI genero opzioni e con il metodo le porto a terra: contesto → vincoli → esplorazione → cura. Nel branding faccio lo stesso. Se non governi gli scarti, l’AI ti regala solo immagini sorprendenti; se li governi, costruisci distintività memorizzabile e allinei creatività e strategia.

 

Dall’atelier al prompt: usare l’AI senza perdere la regia

L’AI accelera i passaggi “di bottega” — bozzetti, prove, esplorazioni — ma la regia resta umana.

Brief → Prompt. Prima di aprire qualsiasi tool, cristallizza valori, tono, palette concettuale, limiti (es. niente uncanny valley, no allusioni sensibili). Traduci il brief in prompt specifici (contesto, pubblico, obiettivo, riferimenti) e in negative prompt (cosa evitare). Varianti veloci, scelta lenta. Genera opzioni, poi seleziona con una griglia:

  1. Coerenza con identità e posizionamento,
  2. Chiarezza del messaggio (capibile in 5″),
  3. Distintività rispetto ai competitor.

Scarta senza pietà i “belli ma inutili”.

Human‑in‑the‑loop. L’AI suggerisce, tu decidi e rifinisci: cornici, gerarchie, microcopy, ritmo. Una frase o un dettaglio di layout possono trasformare un’idea da “esercizio” a “questo è il nostro brand”.

Promemoria etico‑operativo: niente dati sensibili nei prompt; per qualsiasi integrazione software (chatbot, API, automazioni) handover a IT — noi restiamo su strategia ed editorialità.

 

Tre applicazioni utili (non gadget)

1) Visual di campagna
Usa l’AI per esplorare rapidamente metafore visive: il prodotto in un contesto impossibile, l’effetto “sogno lucido” che sottolinea un beneficio. La chiave è l’ancora semantica: un titolo o microcopy che riporta tutto al valore reale (“Sembra impossibile. È solo più semplice.”).

2) Concept copy & naming
Chiedi all’AI liste di associazioni laterali a partire da valori e target. Da lì, fai pruning: togli l’oscuro, tieni ciò che sposta senza confondere. Il risultato non è il testo finale, ma una palestra d’idee per arrivarci prima.

3) Moodboard e styleframe
Quando la direzione è “surreale ma pulita”, genera palette e composizioni coerenti con il brand. Velocizzi lo sprint di art direction e ti concentri dove conta: ritmo, gerarchie, micro‑interazioni.

 

Errori frequenti (e come evitarli)

  • Surrealismo fine a sé stesso.
    Se non spiega un beneficio o non incarna un valore, è un orpello. Parti dalla promessa e chiedi all’AI di amplificarla, non di nasconderla.

  • Prompt spree.
    Decine di immagini “wow” tutte uguali e inutilizzabili. Eviti con un pre‑brief chiaro e un limite di iterazioni per step.

  • Incoerenza e accessibilità.
    Un visual potente ma illeggibile (contrasti bassi, copy invisibile) non converte. Applica i fondamentali: leggibilità su mobile, alt text descrittivi, pesi tipografici equilibrati.

  • “Lasciar fare alla macchina”.
    Nessuna AI comprende davvero il tuo contesto. Il controllo creativo è tuo: scegliere e togliere è metà del lavoro.

 


 

In pratica — Tri‑Lens (checklist pronta all’uso)

Operatività

  1. Pre‑brief 1‑pager (valori, promessa, confini, esempi on/off brand). Da lì estrai i prompt e i negative prompt.
  2. Matrice di selezione (3 criteri: coerenza/ chiarezza/ distintività). Ogni proposta AI passa dalla matrice prima di entrare in layout.

Brand

  • Definisci il “surrealismo del tuo brand”: quali metafore ricorrono? Quali mai? Inseriscilo nelle linee guida (tono, lessico, riferimenti culturali ammessi).

Psicologia

  • Estraniamento controllato: sorprendi un elemento alla volta (contesto, scala o relazione), non tutto insieme. La sorpresa funziona se il cervello ha un appiglio chiaro.

 


 

Conclusione

Il punto non è solo l’incontro tra creatività umana e AI, ma la costruzione di un processo co-creativo. Un percorso che inizio a formalizzare come Loop Neogenerativo: iterazioni che arricchiscono il senso, come le stratificazioni di un’opera d’arte.